lunedì 6 aprile 2015

Il bimbo - di Lodovico Ferrari [incipit]



La cucina del Mancio puzza di frittata di cipolle e di sudore. Il mio.
L’uomo chiude l’anta in lamiera bianca del mobiletto e posa sulla tovaglia a quadri una pistola luccicante.
-Questa è per te, Bimbo-.
Odio essere chiamato “Bimbo” ma il Mancio è un duro, non è il caso di contraddirlo. L’arma è a meno di trenta centimetri dalla mia mano. Posso farcela. Non devono vedere quanto tremo.
Il Rosso e il Dieci mi osservano. Con un movimento più rapido possibile la afferro e la metto in tasca.
-Ehi- dice il Dieci –sei nervoso, pivellino?-. A quello non la si fa, dieci anni a San Vittore, ecco il motivo del suo soprannome, e lì dentro si impara a capire la gente.
-Chi, io? No, no- rispondo sperando che la voce tremolante non si noti troppo.
-Va bene, allora andiamo- taglia corto il Mancio.
E’ la prima volta che rapino una villa. Devo convincermi che tutto andrà bene e devo convincere i miei complici che a diciassette anni sono abbastanza grande per lavorare con loro.

La macchina si avvicina lentamente al cancello. Le luci del giardino sono fioche e tetre. Vorrei tornare indietro, lo vorrei con tutte le mie forze ma non posso. Il passamontagna di lana nera scorre a fatica sul mio viso. In casa non dovrebbe esserci nessuno, almeno così ha detto il Mancio e lui fa il lavoro da trent’anni. Ma potrebbero esserci telecamere, meglio non farsi riconoscere.

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