Il pianto
del rimorso
Cristina
Biolcati
Sapeva quello che aveva
visto. Ma non lo avrebbe confessato a nessuno. Perché nessuno le
avrebbe creduto. Era così assurdo, anche se ne era sicura.
La vicina di fronte,
quella straniera che portava sempre il burka, in realtà era un uomo.
Poco prima si era avvicinata alla sua porta, - ma come faceva a
sapere che lei era lì, dietro allo spioncino? -, avvolta nell’abito
di seta, e con un ghigno soddisfatto le aveva mostrato un viso
maschile, con un principio di barba. Nonostante l’abbondante strato
di kajal sugli occhi, quello era il volto di un uomo, così come si
poteva evincere anche dalla stazza e dall’incedere privo di grazia.
Come aveva fatto a non notarlo prima?
E poi c’era quel
pianto….un neonato che piangeva incessantemente, soprattutto di
notte.
Forse all’interno di
quell’appartamento un bambino era in pericolo. Ma perché non lo
aveva mai visto? Uomo o donna che fosse la figura col burka, non
aveva mai avuto un bambino con sé.
Era una situazione
assurda. Avrebbe mica dovuto chiamare qualcuno?
Ormai non riusciva a
pensare ad altro. Un neonato aveva le ore contate; quell’uomo non
era chi fingeva di essere e forse voleva anche farle del male. Lì
non era più al sicuro. Tutto appariva confuso e la sua vita stava
precipitando. Lui la spiava. Fingeva di essere disinteressato, ma in
realtà teneva d’occhio tutto quello che faceva. Ed era diffidente,
ne era certa.
Ancora quel pianto….che
entrava dentro. Si poteva provare a mettere la testa sotto al
cuscino, ma lo si sentiva comunque. Perché? Voleva lei, non c’era
altra spiegazione. Voleva distruggerla.
Bisognava agire. Doveva
sorprendere quell’uomo, precederlo. Non doveva permettergli di
ucciderla. Era pericoloso, lo sentiva.
Prese un coltello da
cucina e uscì sul pianerottolo. Il pianto adesso pareva venire dal
terrazzo che c’era sul tetto, e non più dall’appartamento di
fronte. Non avrebbe permesso a quel tale di buttare un bambino dal
quinto piano. Lo avrebbe salvato.
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