Libertà
Cesare
Ilgrigio
Dormiva,
sì, ne era certo, stava dormendo, gli era già capitato altre volte
di vivere quell'esperienza in cui si sentiva immobilizzato a letto e
non riusciva ad aprire gli occhi. Qualcosa glieli teneva chiusi e
nonostante gli sforzi che faceva non riusciva ad aprirli, non era
nemmeno in grado di sollevare le mani per togliersi quel fastidio,
era come se le sue braccia fossero legate con dei lacci. Si concentrò
sulle palpebre e le sforzò, un filo di luce entrò nella pupilla,
quanto bastava per intuire che c'erano dei fili neri come se gli
occhi fossero cuciti a punti larghi. Un sottile terrore iniziò a
fargli balzare il cuore in gola, contrasse i muscoli per liberare
almeno una mano, conscio del fatto che più si sforzava, più
aumentava la paura. Sentì delle voci e vincendo l'istinto che gli
suggeriva di urlare, si immobilizzò. Si sentì toccare “E' morto
dissero, è freddo e rigido, adesso possiamo sezionarlo e portarlo
alla mensa, sarà un ottimo cibo”. Vi sbagliate! Vi sbagliate! Sono
vivo! Cercò di urlare, ma le labbra rimasero serrate. Qualcosa di
tagliente tolse i lacci che gli tenevano le braccia immobilizzate e
prima che il bisturi affondasse la lama nella sua carne sferrò un
pugno alla cieca in direzione di una delle voci. Sentì qualcosa di
impalpabile seguito da un urlo disumano, non doveva perdere il
vantaggio, scalciò con tutta la forza della disperazione, una cosa
informe rotolò da qualche parte mentre qualcosa cercava di prenderlo
stringendolo alla gola, istintivamente l'afferrò, sentì la lama del
bisturi che gli sfiorava le dita, con una mossa rapida se ne
impadronì e sempre alla cieca colpì la massa informe che
intravvedeva attraverso la fessura degli occhi.
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