OMBRE
Diego
Zucca
Mi
chiamo Vladimir. Mia mamma mi ha messo questo nome nella speranza che
un giorno anche io possa guidare questo Paese. Ma per ora ho solo
undici anni e nessuno mi chiama Vladimir, tutti mi chiamano Vova.
Vivo in questa cittadina di campagna, dove ogni giorno è uguale
all’altro.
Tra
tutti i bambini ce n’è uno che invidio molto. Si chiama Vania. Lui
racconta sempre un sacco di storie. Proprio ieri raccontava che è
stato di nuovo al vecchio aeroporto militare abbandonato. Bisogna
attraversare il bosco di betulle, poi passare da due ruscelli e poi,
nascosto dalla vegetazione, potevi vederlo. Io non ci sono mai andato
perché la mamma non vuole. E perché ho paura. Là ci sono le ombre.
Ma
torniamo a Vania. Ieri è arrivato mentre io stavo giocando con
Ksiusha, Masha e Vitalik. Era eccitato. Ci ha raccontato che era
stato di nuovo al vecchio aeroporto. Subito aveva catturato
l’attenzione delle due ragazze. Ma anche la mia. Abbiamo subito
smesso di giocare e ci siamo messi ad ascoltarlo.
-Ci
sono stato di nuovo!- il sorriso sulle labbra.
-Davvero?
E anche stavolta le hai viste?- Ksiusha era la più interessata. E
anche la più carina.
Non
c’era nemmeno da chiedersi che cosa avesse visto. Tutti sapevamo
che parlava delle ombre.
-Certo
che le ho viste. Però stavolta credo di sapere chi siano.- poi è
rimasto in silenzio, per accrescere la nostra curiosità.
-Chi?-
ha chiesto Masha, impaziente.
-Credo
che siano fantasmi di vecchi agenti del KGB.
-E
come fai a saperlo?- Vitalik era scettico.
-Oggi
ero nascosto tra due vecchi camion, quando ho visto passare le ombre…
-Ma
non avevi paura?- Ksiusha era affascinata.
Vania
tirò su col naso:
-Non
sono mica un moccioso! Ero lì, quando le ho viste passare. Passavano
veloci, nessuno mi vedeva. Poi ad un certo punto un’ombra simile ad
un cane mi deve aver scorto. Ha iniziato ad abbaiare contro di me. Io
ho cercato di fargli una carezza, ma era impalpabile. Poi sono andato
via.
Nessun commento:
Posta un commento